domenica 30 ottobre 2016

BREXIT: UN QUINTO DEI CITTADINI UE SAREBBE PRONTO A LASCIARE IL REGNO UNITO

Aircraft, Clouds, Fog, Wing, Fly, SkyIntanto il Governo May prepara un piano per trattenere le imprese. Molti sperano in un'adesione al mercato unico secondo il "modello Norvegia"

Secondo il quotidiano online Repubblica, Il 25% dei cittadini dell'Unione Europea attualmente residenti nel Regno Unito avrebbe maturato un senso di disagio dopo il referendum, non sentendosi più "benvenuto" in questo paese. Non è un mistero, in effetti, che dopo il voto del referendum per l'uscita dall'Unione Europea, il Gran Bretagna siano aumentati gli episodi di intolleranza nei confronti degli stranieri, in particolare di quelli provenienti dagli altri paesi dell'Europa.
E' anche per questo motivo che molti cittadini europei, circa il 20%, avrebbe dichiarato, secondo un sondaggio del Financial Times, di volersene andare dalla Gran Bretagna.

Nel frattempo, Theresa May sta mettendo in campo una serie di strategie per trattenere alcune aziende nel Regno Unito: è il caso della Nissan, che ha ultimamente affermato, con un improvviso cambio di opinione rispetto a precedenti dichiarazioni in merito, di volere non solo continuare la produzione negli stabilimenti dell'UK, ma anche aumentare gli investimenti. La spiegazione, secondo gli esperti, potrebbe risiedere nella decisione, da parte del governo, di farsi carico delle eventuali spese doganali per l'esportazione delle auto Nissan negli altri paesi; oppure, nell'intenzione di lavorare per mantenere alcuni settori, come ad esempio quello automobilistico, all'interno del mercato comune.

Molti sperano che quest'ultima possibilità apra uno spiraglio verso la decisione di condurre le prossime trattative Brexit in direzione di una adesione al mercato comune secondo il modello Norvegia, oppure Svizzera.



venerdì 28 ottobre 2016

STANDARD&POOR'S: VALUTAZIONE NEGATIVA PER L'UK CAUSA BREXIT

Standard & Poor's conferma un'inflessione negativa per l'economia britannica 

Secondo una notizia diffusa da ANSA, Standard & Poor's, l'agenzia americana di valutazione del credito e dei servizi finanziari dei vari paesi, conferma per il Regno Unito il rating "AA": due livelli al di sotto del rating "AAA", il più elevato, che corrisponde a "Eccellenti capacità di onorare le obbligazioni assunte", e che era stato assegnato alla Gran Bretagna nel 2015.
L'outlook è negativo: a causa della Brexit, infatti, l'agenzia di rating prospetta un rallentamento nel PIL per il triennio 2017-2019 e un tasso di crescita pari a circa l'1% per la riduzione degli investimenti. Sempre secondo S&P, la Brexit metterebbe anche a rischio le fonti di finanziamento dell'UK, e la sterlina potrebbe perdere il suo ruolo di "valuta di riserva globale".


martedì 25 ottobre 2016

BREXIT: SECONDO UN SONDAGGIO, GLI INGLESI NON AVREBBERO CAMBIATO IDEA

Brexit, European Union, EuSono passati quattro mesi dal referendum, ma né la svalutazione della sterlina né il rischio di perdere i vantaggi del mercato unico avrebbero modificato l'opinione predominante dei britannici riguardo alla Brexit.

In base ai risultati di un sondaggio della società Survation Ltd, se venisse riproposto il referendum per l'uscita dall'Unione Europea, il 47 per cento dei britannici voterebbe per il Leave, mentre il 46 per cento sarebbe invece contrario. 
Sempre secondo il sondaggio, i cittadini UK sarebbero più preoccupati di mantenere il controllo delle frontiere e limitare l'accesso ai lavoratori stranieri che di continuare a beneficiare dei vantaggi del mercato unico: ben il 54 per cento degli intervistati si è dichiarato interessato più a una riduzione degli ingressi di cittadini dell'UE in Gran Bretagna che non ai benefici economici del mercato comune europeo.

Restano praticamente invariate anche le connotazioni "geografiche" delle preferenze, dal momento che gli intervistati residenti a Londra si sono dimostrati, come già era risultato dal referendum di giugno, più favorevoli a una permanenza del Regno Unito nell'Unione Europea, mentre i non londinesi hanno confermato un maggiore interesse per il blocco delle frontiere a discapito della permanenza in Europa e nel mercato unico e nonostante la svalutazione della sterlina.

Questi risultati dimostrerebbero che il governo May sta operando in sintonia con il volere della maggioranza dell'elettorato; del resto, secondo il sondaggio, il 58 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto del modo in cui il Primo Ministro ha gestito la Brexit fino a questo momento.



lunedì 24 ottobre 2016

EFFETTO BREXIT: L'ESODO DELLE BANCHE DALLA CITY

Molti istituti di credito sarebbero pronti a lasciare Londra già dalla fine dell'anno

London, City, Building, AbendstimmungSecondo Il Fatto Quotidiano, è imminente la "fuga" di molte banche dalla City Londinese: potrebbe avvenire già a partire dalla fine dell'anno, almeno per alcuni degli istituti bancari di minori dimensioni. A dichiararlo è stato Anthony Browne, responsabile British Banking Association dal 2012, in un suo articolo sulla testata britannica Observer.

Nell'articolo, Browne sostiene che è il clima di incertezza creato da Brexit a preoccupare i banchieri, in particolare per quanto riguarda il mantenimento dei passporting rights, grazie ai quali istituti di credito e istituti assicurativi possono operare negli altri paesi dell'Unione Europea quasi senza formalità burocratiche, e senza che sia necessario ottenere l'autorizzazione dal Paese in cui si vuole esercitare.

L'aspetto peggiore di questa situazione sarebbe, sempre secondo Browne, la mancanza di volontà da parte del governo May di aprire un dialogo con gli istituti finanziari, che hanno avanzato specifiche richieste fin dai primi momenti della vittoria del Leave al referendum. In particolare, i ministri
David Davis, con delega per la gestione del processo Brexit, e Liam Fox, responsabile del Commercio Internazionale, si sarebbero mostrati poco disposti a dialogare.

Secondo David Bloom di HSBC, la forte svalutazione della sterlina nell'ultimo periodo ha tra le sue cause principali anche questo "scontro" tra le richieste dei banchieri e le risposte, o non risposte, del Governo britannico.


venerdì 21 ottobre 2016

FUGA DA LONDRA: AVVOCATI E BANCHIERI CORRONO AI RIPARI

I timori per le conseguenze di una "Hard Brexit" spingono gli avvocati inglesi verso l'Irlanda e allontanano da Londra i broker e i banchieri francesi

La Brexit ed il dibattito che la riguarda continuano a diffondere ansie e incertezze per il futuro. Secondo quanto riportato dal quotidiano Repubblica, che cita come fonti il Guardian e il Financial Times, è in corso una sorta di "fuga verso l'Irlanda" da parte di numerosi avvocati d'affari che attualmente esercitano nella City. La motivazione è semplice: per poter assistere un cliente alla Corte Internazionale dell’Aia, e anche in altri tribunali dei Paesi europei, un avvocato deve operare in uno dei Paesi dell'UE. Per non perdere dunque l'opportunità di seguire questi tipi di cause dopo l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, un nutrito gruppo di legali (si parla di circa un centinaio) ha pensato di registrarsi presso il Foro di Dublino.
Sempre secondo Repubblica, si registra anche una consistente riduzione del numero di banchieri, broker e investitori intenzionati a trasferirsi da Parigi alla capitale inglese. Sembra inoltre che in alcuni noti istituti bancari sia in atto una politica di blocco delle assunzioni nella loro sede inglese.
Ciò che più impensierisce il mondo della finanza è ovviamente la prospettiva di una "hard Brexit", ovvero di un'uscita drastica dell'UK dall'Unione Europea, con la rinuncia alla partecipazione del Regno Unito al Mercato Comune e alla libera circolazione delle persone.
Foto: Dublino (3DF MediaStudio)



martedì 18 ottobre 2016

IN CALO L'INTERESSE DEGLI INVESTITORI ESTERI PER IL REGNO UNITO

Secondo Ernst&Young, l'UK per la prima volta in sette anni non è più uno dei cinque Paesi più attraenti per gli investimenti dall'estero. 

La società di revisione Ernst&Young ha reso noto, in un documento sui flussi degli investimenti su scala mondiale, che gli investitori esteri hanno perso interesse nel Regno Unito: in particolare, l'UK, che negli ultimi sette anni si è sempre classificato tra i primi cinque paesi più interessati dagli investimenti,  è sceso al settimo posto dopo USA, Cina, Germania, Canada, Francia e Giappone.

Come riportato da affaritaliani.it, questo calo di interesse è evidentemente ed inesorabilmente legato alla Brexit: mentre il governo May, dopo avere fissato l'avvio delle trattative per marzo 2017, sta ancora dibattendosi tra l'opzione di una Hard o di una Soft Brexit, gli effetti del referendum del 23 giugno iniziano a farsi sentire.

Secondo i sondaggi, tra le principali preoccupazioni degli investitori in questo periodo ci sono il risultato del voto su Brexit, le imminenti elezioni negli Stati Uniti e la politica monetaria della banca centrale americana. Il calo della sterlina, e l'intenzione del Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon di indire un secondo referendum sull'indipendenza della Scozia dal Regno Unito hanno senza dubbio incrementato il senso di incertezza nei confronti del mercato britannico.

Foto: 3DF MediaStudio



lunedì 17 ottobre 2016

BORIS JOHNSON CONTRARIO ALLA BREXIT: SPUNTA UN ARTICOLO SEGRETO

Pubblicato dal Sunday Times un articolo in cui Boris Johnson elencava gli aspetti negativi dell'uscita dall'Unione Europea.

Il Sunday Times ha scoperto e pubblicato un articolo in cui Boris Johnson, l'attuale Segretario di Stato del Governo britannico e uno dei principali fautori della Brexit, elencava gli svantaggi di una possibile uscita dell'UK dall'UE, ed elogiava invece i vantaggi di rimanere all'interno dell'Unione. Il documento risale a febbraio, quindi a quattro mesi prima del referendum, e a poco prima che Johnson si unisse a Farage e al fronte a favore del "Leave".

Nell'articolo, Boris Johnson dichiarava che la Brexit avrebbe potuto provocare un possibile "shock economico", e che rimanere nell'UE sarebbe stato "una manna per il mondo e per l'Europa".
Il Segretario di Stato non ha smentito il contenuto dell'articolo, anzi, ne ha confermato i contenuti, spiegandoli però come un "esercizio intellettuale". Il documento, sostiene, risale a un periodo in cui era ancora indeciso su quale posizione prendere, se a favore o contro la Brexit. Inoltre, quell'articolo va analizzato insieme a un altro suo commento, pubblicato sul Daily Telegraph, in cui elencava i vantaggi della Brexit.

Come riferisce Il Corriere della Sera, Boris Johnson è rimasto a lungo indeciso prima di scegliere di schierarsi per il Leave e di rompere così i rapporti con l'ex Premier David Cameron. Johnson è poi diventato uno dei principali promotori delle ragioni a favore della Brexit, e, con l’arrivo di Theresa May nel ruolo di Primo Ministro, questo per lui ha significato, tra l'altro, una poltrona da Segretario di Stato nel nuovo governo.

venerdì 14 ottobre 2016

BREXIT: RADDOPPIATE LE RICHIESTE DI PASSAPORTO IRLANDESE TRA GLI INGLESI

Si parla di circa 37.000 richiedenti dal 23 giugno scorso ad oggi

Risultati immagini per passaporto irlandeseSarebbero in tutto sei milioni i britannici che, se lo volessero, potrebbero ottenere il passaporto irlandese: tutti quelli che sono nati in Irlanda, oppure che hanno almeno un genitore o almeno uno dei nonni irlandese. Sta di fatto che la Brexit  ha aumentato il desiderio di molti britannici di riscoprire i propri legami con l'Isola: secondo i dati de Il Sole 24 Ore, dal 23 giugno scorso, data del referendum per l'uscita dall'Unione Europea, le richieste di passaporto irlandese sarebbero quasi raddoppiate rispetto all'anno precedente, e più che triplicate se si considera anche le richieste inoltrate all'Irlanda del Nord. In tutto circa 37.000 domande, tra cui anche quelle di alcuni membri della House of Lords, almeno secondo quanto dichiarato dal Times.

Le ragioni di questa scelta sono chiare: ottenere la cittadinanza irlandese, e ritrovarsi quindi con la doppia cittadinanza, consentirebbe di mantenere tutti i vantaggi derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea, quindi la libertà di circolare liberamente, di vivere e di lavorare in uno qualsiasi dei paesi membri.

giovedì 13 ottobre 2016

LA SCOZIA VERSO IL SECONDO REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA DALL'UK

Lo ha annunciato ufficialmente oggi la premier scozzese Nicola Sturgeon

Saltire, Scottish Flag, ScotlandNel referendum del 2014 per l'indipendenza della Scozia dal Regno Unito, gli scozzesi si erano espressi a maggioranza per rimanere parte dell'UK, con il 55% dei voti contrari all'ipotesi dell'indipendenza e il 45% a favore.

Ora è in arrivo un secondo referendum come quello del 2014, e gli scozzesi saranno nuovamente chiamati alla urne per decidere se fare della Scozia uno stato indipendente o se rimanere  a far parte del Regno Unito. Lo ha annunciato oggi Nicola Sturgeon, Primo Ministro scozzese, che intende così garantire agli scozzesi la possibilità di prendere una posizione nell'ambito delle prossime trattative sulla Brexit. La Sturgeon si è espressa in maniera molto negativa sulla prospettiva di portare l'UK fuori dal mercato unico.

Ricordiamo che nel referendum del 23 giugno scorso sull'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, la Scozia si era espressa a grande maggioranza a favore del Remain.



mercoledì 12 ottobre 2016

RATIFICA PARLAMENTARE O PREROGATIVA REALE? LA BREXIT FINISCE IN TRIBUNALE

In base a un'interpretazione dell'articolo 50, il Parlamento britannico avrebbe la prerogativa di ratificare il risultato del referendum su Brexit.

“Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione”. Così recita l'articolo 50 del Trattato di Lisbona.
La Costituzione del Regno Unito non consiste in un unico documento scritto, ma è rappresentata da un insieme di trattati e di fonti trasmesse per via orale. Certo è che questa Costituzione riconosce al Parlamento britannico un ruolo fondamentale, fin dai tempi in cui esso è stato istituito.

Hammer, Books, Law, Court, LawyerProprio sulla base di questo principio, in molti hanno contestato il fatto che il Governo britannico possa avere l'autorità  di attivare il processo di uscita dell'UK dall'Unione Europea senza richiedere la ratifica del Parlamento. Tanto più che il referendum del 23 giugno scorso è stato un referendum consultivo, e non vincolante.
Se è vero che la firma di un trattato internazionale è prerogativa dei rappresentanti del Governo, è vero anche che è necessaria la successiva ratifica da parte del Parlamento perché tale trattato diventi legge. Così è accaduto, ad esempio, nel 1972 con lo European Communities Act, l'atto legislativo con il quale il Parlamento britannico ha ratificato l'ingresso dell'UK in quella che allora era la Comunità europea.
Da parte sua, il Governo risponde di potersi avvalere della Royal Prerogative, cioè del privilegio, riconosciuto all'esecutivo di una monarchia, di esercitare le azioni di governo direttamente per conto del sovrano.

Da questo contrasto di vedute è nato un caso che, come si legge su Il Fatto Quotidiano, verrà dibattuto proprio in questi giorni nelle aule di tribunale. Un noto studio legale inglese, in rappresentanza di un gruppo di cittadini contrari all'uso della Royal Prerogative, ha pubblicato tutte le argomentazioni a favore della consultazione del Parlamento. Il governo, dietro esplicito invito da parte del giudice, ha risposto pubblicando i propri argomenti contro la prerogativa di ratifica dell'organo parlamentare.

Un eventuale riconoscimento in sede legale dell'autorità parlamentare implicherebbe il passaggio della decisione sulla Brexit nelle camere del Parlamento britannico; considerando che la maggioranza dei parlamentari è attualmente contraria all'uscita dall'UE, l'intera questione Brexit verrebbe rimessa completamente in discussione. Questo potrebbe anche portare alla necessità di nuove elezioni.



martedì 11 ottobre 2016

CON BREXIT LA FINE DELL'EURO DIVENTA PIÙ PROBABILE?

Clock, Time, Euro, Money, CurrencyNe è convinto Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan.

Secondo una notizia pubblicata dal sito QuiFinanza, l'amministratore delegato della banca d’affari JP Morgan ha dichiarato che il voto a favore di Brexit ha aumentato di 5 volte la possibilità che l'Euro, nel giro di poco tempo, crolli. La Brexit, quindi, potrebbe avere, se non un effetto diretto sulla fine dell'Eurozona, almeno un effetto indiretto nel rendere probabile il processo.

Più in particolare, Dimon è convinto che il voto del popolo britannico a favore del Leave abbia reso cinque volte più alta la probabilità che l'Eurozona entri in serie difficoltà e arrivi a collassare nel giro dei prossimi dieci anni.
Brexit creerà senza dubbio una maggiore incertezza nel Regno Unito, e altrettanto sicuramente ridurrà il PIL. Questi fattori, se pur aumenteranno le difficoltà per il Paese, non sfoceranno in una catastrofe economica per l'UK. Ma potrebbero provocare una catastrofe economica per l'area Euro.

A marzo 2017, è stato annunciato ufficialmente, il processo di trattative per la Brexit avrà inizio. Se la premier Theresa May  manterrà il suo impegno di portare avanti una "hard Brexit", quindi una Brexit più rigida, escludendo così la partecipazione al mercato comune e alla libera circolazione delle persone, i rapporti commerciali diretti con i paesi dell’Unione Europe si interromperanno. Di fronte a una scelta a favore di una "hard Brexit", Merkel e Hollande hanno dichiarato che manterranno una linea dura, e non concederanno al Regno Unito la possibilità di offrire e vendere servizi all'Unione Europea senza limitazioni. Ma sarà l’Eurozona, almeno secondo Dimon, a perderci di più.

lunedì 10 ottobre 2016

IL GOVERNO UK FA MARCIA INDIETRO SULLE LISTE DI LAVORATORI STRANIERI. MA INTANTO IL POUND CONTINUA A CROLLARE.

Pochi giorni fa, il ministro degli Interni britannico Amber Rudd aveva proposto di richiedere alle aziende UK gli elenchi dei lavoratori di nazionalità straniera.

Dopo aver raccolto una serie di critiche dal mondo politico e da quello finanziario, e dopo una parziale rettifica da parte dello stesso ministro Rudd, l'iniziativa delle "liste di lavoratori stranieri" è stata definitivamente ritirata dal ministro dell'Istruzione Justine Greening. La Greening ha dichiarato che verranno richieste le liste dei cittadini stranieri impiegati presso le aziende britanniche, ma che tali liste non verranno pubblicate ma resteranno riservate, e serviranno solo per analizzare quali siano i settori di competenza in cui vi è un minore impiego di cittadini britannici.
Brexit, Großbritanien, Gb, Europe
Un segnale di apertura da parte del Governo c'è stato nei confronti dei cittadini europei che risiedono in UK da meno di 5 anni, e che quindi non hanno ancora maturato il diritto alla "residenza permanente": per tutti costoro (che sarebbero circa il 20% degli immigrati di cittadinanza europea) il ministero degli Interni sta valutando la possibilità di un'equiparazione di fatto a chi ha già trascorso i 5 anni di residenza in UK, e di concedere quindi la "residenza permanente" anche a loro.

Notizie meno positive solo quelle che riguardano la Sterlina, che nell'arco dell'ultimo anno ha perso un quinto del suo valore, e che ha registrato un calo esponenziale proprio nei tre mesi successivi al referendum per la Brexit. Di questo passo, il Pound inglese è destinato a raggiungere presto la parità con l'Euro e con il Dollaro. Un dato significativo: secondo il giudizio di molti esperti, uno scatto precipitoso verso il basso della valuta inglese si è registrato proprio nei giorni scorsi, in concomitanza con le dichiarazioni del Governo May sulle possibili "liste" di cittadini stranieri impiegati in UK.

domenica 9 ottobre 2016

GLI OPPOSITORI DELLA "HARD BREXIT" CONFIDANO NELLE DOTI DIPLOMATICHE DI KATE

L'establishment britannico contrario a un'uscita "hard" dall'Unione Europea confida nelle doti di "soft diplomacy" della Duchessa di Cambridge.


Secondo una notizia ANSA, dopo la recente accelerata della Premier Theresa May in direzione Brexit, e dopo le argomentazioni scaturite dall'ultimo congresso dei Tory in merito ai lavoratori non di nazionalità britannica, vi è ora una parte dell'establishment britannico che teme una svolta troppo "hard" nel processo di uscita dall'UE.

Molti quindi confidano in Kate Middleton, la Duchessa di Cambridge, che, per le sue doti diplomatiche, viene considerata un'arma da sfruttare almeno nei rapporti bilaterali in Europa.

Nel frattempo, alcuni membri della House of Commons, tra cui gli ex leader del Partito Laburista e dei Liberal Democratici, Ed Miliband e Nick Clegg, stanno portando avanti un'iniziativa contro l'ipotesi di una "hard Brexit".

sabato 8 ottobre 2016

LSE: ESCLUSI DAL PROGETTO SU BREXIT PERCHÈ NON DI NAZIONALITÀ BRITANNICA

Ricercatori della London School of Economics esclusi da un progetto di ricerca sulla Brexit. La ragione? "Motivi di sicurezza".  

NABuilding.JPGSecondo quanto riportato dal quotidiano online Repubblica, dopo che il Ministero degli Esteri UK ha assegnato alla London School of Economics un progetto di studio su Brexit, tutti i ricercatori dell'istituto di nazionalità non britannica hanno ricevuto un messaggio via email. Con questo messaggio, a ciascuno di loro veniva comunicato che la loro partecipazione al progetto non era richiesta. La motivazione di questa esclusione  sarebbe la sicurezza del Paese: il progetto implicherebbe lo studio di informazioni commerciali sensibili che potrebbero compromettere la sicurezza del Regno Unito, se a venirne a conoscenza fossero dei cittadini non britannici. Tale direttiva sarebbe arrivata dallo stesso Ministero degli Esteri che ha commissionato la ricerca.
Questa decisione ha suscitato aspre reazioni e polemiche. Nick Clegg, ex vicepremier del governo Cameron, ha dichiarato: "E' assolutamente sconcertante che il governo preferisca perdere in competenza piuttosto che coinvolgere anche coloro che provengono dall'estero".

Immagine: Wikipedia

venerdì 7 ottobre 2016

EASYJET IN CALO PER LA PRIMA VOLTA DAL 2009: COLPA DELL'EFFETTO BREXIT

Chiusura in negativo per la compagnia low cost, che a fine settembre ha registrato un calo del 28% sugli utili. E' l prima volta dal 2009.

E' opinione comune che i reali effetti della Brexit saranno visibili soltanto tra alcuni mesi, se non anni: sarà necessario aspettare l'avvio ufficiale del processo di uscita, che la Premier May ha annunciato per il marzo 2017, e almeno l'inizio delle trattative tra l'UK e i restanti paesi dell'Unione Europea.

Airplane, Aircraft, Commercial, AirlineSecondo i dati pubblicati dal quotidiano online Repubblica.it, è vero anche che, nel frattempo, l'esito del referendum del 23 giugno ha già avuto qualche conseguenza: primo fra tutti, il crollo della sterlina, che a sua volta ha pesato sui bilanci di molte compagnie. E' ad esempio il caso della nota compagnia aerea britannica Easyjet, che alla chiusura dell'anno il 30 settembre ha registrato, per la prima volta dal 2009, un sensibile calo degli utili, in misura del 28%.

Il CEO della low cost ha dichiarato che, tra le cause di questa situazione, ha avuto un forte peso proprio il calo della sterlina in seguito al referendum su Brexit. Vi sono stati però anche altri fattori che hanno contribuito: tra questi, una diminuzione della domanda legata alla paura di attacchi terroristici, ma anche una serie di scioperi di controllori di volo e piloti.


giovedì 6 ottobre 2016

"LE AZIENDE DOVRANNO PRESENTARE LE LISTE DEI LAVORATORI STRANIERI"

La proposta del Ministro dell'interno britannico Amber Rudd ha fatto scalpore. E ha fatto infuriare molti.

Amber Rudd 2016.jpgDue giorni fa il quotidiano The Times ha pubblicato una notizia choc: la dichiarazione, da parte del ministro Rudd, che le aziende e le società del Regno Unito verranno invitate, con Brexit, a presentare le liste dei loro lavoratori di nazionalità straniera. L'intento, sempre secondo la Rudd, sarebbe quello di promuovere una politica che favorisca l'impiego dei lavoratori britannici, piuttosto che quelli provenienti dall'estero.

Anacronistica o no, la proposta ha destato molte preoccupazioni, non solo nei numerosissimi cittadini di nazionalità straniera che attualmente lavorano nel Regno Unito con le più svariate mansioni, ma anche molte multinazionali, che, almeno secondo un sondaggio, in una percentuale di circa il 75% avrebbero ammesso di avere pensato di spostarsi fuori dal Regno Unito.
Lo stesso sindaco di Londra Sadiq Khan ha fatto sapere che, a suo parere, questa notizia manda un segnale molto preoccupante a milioni di persone nel mondo, che abitano a Londra e contribuiscono all'economia del Paese.

Ma non è tutto: la Rudd ha anche affermato di volere introdurre un sistema di visti che regoli l'accesso degli studenti che dall'estero vanno a studiare nel Regno Unito, in modo che ad entrare siano soltanto gli studenti migliori.

Queste dichiarazioni vanno di pari passo con quanto sostenuto dal Premier Theresa May poco tempo fa, quando il Primo Ministro ha affermato di volere raggiungere, con la Brexit, il traguardo di un Sistema Sanitario Nazionale completamente "autosufficiente" (in termini di nazionalità dei lavoratori), sostituendo gradualmente i medici provenienti dall'estero con i medici britannici. Tenendo forse in poco conto il fatto che, come hanno osservato in molti, senza i medici provenienti in gran parte dall'Europa e gli infermieri provenienti da tutto il mondo, la Sanità Britannica si troverebbe in uno stato di profonda crisi.

Oggi pare che Amber Rudd abbia già parzialmente ritrattato le sue affermazioni. Il sospetto, in generale, è che tutte queste dichiarazioni siano solo frutto della volontà di accontentare l'elettorato, almeno quella fetta di elettori favorevoli alla Brexit, ma c'è da chiedersi se la divulgazione di queste reali o presunte intenzioni non faccia più male che bene al Regno Unito.

mercoledì 5 ottobre 2016

UKIP: SI DIMETTE ANCHE DIANE JAMES, DOPO SOLI 18 GIORNI ALLA GUIDA DEL PARTITO

Non sono passati nemmeno 20 giorni dalla sua nomina a leader del Partito UKIP (il Partito per l'indipendenza dell'UK) e Diane James, 56enne, ha già rassegnato le dimissioni.

Risultati immagini per diana jamesLa James era stata eletta alla guida dell'UKIP il 17 settembre, a più di due mesi di distanza dalle dimissioni del suo noto predecessore, Nigel Farage, che aveva lasciato la guida del partito subito dopo la vittoria del "Leave" al referendum su Brexit.

Diane James ha dichiarato, tramite Twitter, che le motivazioni della sua scelta sono di natura personale e professionale, e di avere capito di non avere il necessario livello di autorità all'interno del partito per poter portare a compimento i propositi della sua campagna. Ha anche rassicurato che continuerà a lavorare come rappresentante dell'UKIP all'interno del Parlamento Europeo.

Interpellato in merito, Nigel Farage avrebbe dichiarato di non avere nessuna intenzione di ritornare alla guida del partito.





lunedì 3 ottobre 2016

THERESA MAY: BREXIT AL VIA ENTRO MARZO 2017

La dichiarazione è stata accolta favorevolmente dal Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk.

Eu, United Kingdom, 2016, ProblemIl Primo Ministro britannico, Theresa May, ha annunciato ufficialmente, prima alla BBC e poi durante il congresso annuale dei Tory a Birmingham, che l'avvio del processo Brexit avverrà entro marzo 2017.
Questa sarà, quindi, la data entro cui verrà attivato l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, con il quale si darà inizio alle trattative per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Gli accordi, sempre secondo il trattato, dovranno occupare un tempo minimo di due anni, pertanto l'uscita effettiva dell'UK si verificherà a partire dalla primavera del 2019.

L'impegno della May davanti ai Conservatori nel corso del congresso di Birmingham è stato quello di raggiungere un accordo con l'UE che faccia del Regno Unito "una nazione indipendente e sovrana". Nell'occasione, la May ha anche nuovamente ricordato che "Brexit significa Brexit", e ha rivolto parole di biasimo nei confronti di coloro che ancora non hanno accettato il risultato del referendum. Inoltre, ha affermato che il voto a favore del Leave è stato un chiaro messaggio da parte del popolo britannico, che richiede un maggiore controllo sulle persone che entrano nel Regno Unito.
Infine, la Premier ha annunciato che nel programma del prossimo anno legislativo verrà introdotto il Repeal Act, ovvero una legge che annullerà lo European Communities Act del 1972, l'Atto legislativo con cui la Gran Bretagna aderì alla Comunità Europea.
Con questa azione, si provvederà a prendere in esame tutte le leggi europee approvate dal 1972 e si deciderà, una per una, se farle diventare leggi britanniche, emendarle o cancellarle.

Resta ancora l'incognita della House of Lords, dove pare ci sia una maggioranza di favorevoli all'Unione Europea di 6 a 1. I membri della House of Lords avevano già dichiarato, non molto tempo fa, che prima di invocare l'articolo 50 e avviare le procedure di uscita dall'UE,  il Governo britannico era tenuto a richiedere e ottenere l’approvazione del Parlamento; ora la Camera potrebbe in teoria opporsi al Repeal Act.
Foto: Pixabay

domenica 2 ottobre 2016

CITTADINI UK POCO SODDISFATTI DELL'OPERATO DEL GOVERNO IN MERITO A BREXIT

Secondo un sondaggio su circa 1.600 persone, la metà degli inglesi non è contenta di come il governo britannico sta gestendo la questione "Brexit"

Theresa May UK Home Office (cropped).jpgSecondo un sondaggio condotto da YouGov per conto del quotidiano The Times, i cui risultati sono stati pubblicati da AskaNews.it, circa il 50% degli intervistati ritiene che il governo di Theresa May non stia operando bene per quanto riguarda le attività che porteranno all'uscita dell'UK dall'Unione Europea. Tra questi 50% vi è anche il 22% di coloro che sono convinti che il governo stia lavorando "molto male" in proposito.

Sempre secondo il sondaggio, il 67% degli intervistati ritene che il Regno Unito uscirà davvero dall'Unione Europea, mentre un 16% è convinto che alla fine l'uscita dell'UK dall'UE non avverrà. Un altro 16% appartiene alla categoria degli indecisi.

Infine, solo il 32% degli intervistati dichiara di considerare gradevole la premier Theresa May, e solo il 29% il ministro Boris Johnson.

sabato 1 ottobre 2016

MINISTRO COMMERCIO INTERNAZIONALE UK: DOPO BREXIT, BERLINO SARA' IL "BANCOMAT" DELL'EUROPA

Berlin, Brandenburg Gate, Landmark
Leggiamo su WallStreetItalia.com che Liam Fox, ministro del commercio internazionale britannico, ha dichiarato che la Germania rischia di diventare il più grande "bancomat d’Europa", una volta che il Regno Unito sarà uscito dall'UE.

Secondo Fox, uno dei più tenaci sostenitori del referendum per la Brexit, senza più Londra sarà Berlino a pagare tutti i futuri fallimenti dell’Unione Europea, a fare le spese degli insuccessi degli altri paesi. Anche perchè, sostiene il ministro, con l’uscita dall’Ue del Regno Unito, la Germania perderà un fondamentale alleato nel far rispettare il “rigore economico”.

Il ministro Fox ha inoltre dichiarato che alla Gran Bretagna servirà una riforma per rilanciare la sua economia dopo aver lasciato l’Unione europea. “Abbiamo appena avuto modo di analizzare tutti i settori in cui potremmo apportare le modifiche,” ha detto, “Il governo, il settore finanziario, la cultura, sono tutti settori che dovranno svolgere un ruolo primario nella realizzazione di questo piano”.