La fuga dalla Brexit dei cervelli italiani
Boom di richieste di rientro dopo l'addio del Regno Unito all'Europa: "Temono di avere un futuro incerto". L'Università di Bologna: "Decine di domande già il giorno dopo il referendum, per noi è un'opportunità"

La prova, cioè, di un imprevisto controesodo. Cervelli che tornano. Nonostante tutto. Perché fare ricerca ed essere tagliati fuori dall'Europa può rivelarsi, alla lunga, pericoloso e penalizzante. Nelle università ma non solo. In un rimescolamento di flussi di vita, di studio e di lavoro nelle pieghe dei quali, dice Bellettini "l'Italia può avere delle occasioni, anche colleghi di altri atenei mi hanno segnalato una ripresa di interesse verso il nostro paese".
Europa infatti significa fondi europei. "Ossia budget ricchi, milioni di euro destinati alla ricerca che rappresentano l'ossigeno per le università, comprese quelle inglesi. Ma dopo lo "strappo" - sottolinea Giorgio Bellettini - gli atenei britannici potranno ancora avere i fondi per il loro progetti?". In realtà la risposta della Ue non si è fatta attendere, così ha scritto nei giorni scorsi su "Nature" il fisico britannico Paul Crowtther, raccontando come il suo gruppo di ricerca fosse stato escluso da un consorzio europeo, proprio a causa di Brexit. "È evidente che in questa incertezza - aggiunge Bellettini - gli stranieri, in questo caso gli italiani, provano a guardarsi intorno, e forse a tornare indietro".
Se davvero dunque siamo alla vigilia di un controesodo di cervelli, almeno dal Regno Unito, c'è da chiedersi se l'Italia è pronta. Perché spesso, nonostante tutte le promesse, questo ritorno è assai poco favorito dalle università, che privilegiano chi è cresciuto dentro i dipartimenti piuttosto di chi arriva da fuori. In realtà l'effetto Brexit potrebbe trovare una rete nelle "cattedre Natta", così chiamate in onore di Giulio Natta, Nobel per la Chimica nel 1963.