pubblicato da: www.avvenire.it
Nel Regno Unito il settore non profit cattolico della cooperazione internazionale potrebbe subire un inatteso contraccolpo a causa dell’uscita dall’Unione Europea. Solo due mesi fa, alla vigilia del referendum, voci prominenti della chiesa cattolica avevano espresso delle riserve in merito al possibile impatto della Brexit sulle agenzie umanitarie e il loro lavoro nei paesi in via di sviluppo. In particolare, il vescovo di Birmingham William Kenney aveva sollevato la questione dei finanziamenti europei.
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Solo nel 2014 il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale, ovvero il ministero per la cooperazione in UK, ha destinato 11.726 milioni di sterline agli Aiuti ufficiali allo sviluppo, facendo della Gran Bretagna uno dei maggiori attori sulla scena. Secondo Thorns, «all’interno del blocco europeo, siamo capaci di influenzare positivamente le politiche di aiuto dei nostri partner e della UE stessa. Ma al di fuori di essa potremmo perdere peso e visibilità ». Le aree sulle quali si interviene sono le più svariate, dall’aiuto umanitario al commercio etico, dai diritti umani alle questioni ambientali. «Ci chiediamo come continueremo a lavorare su queste tematiche, per le quali finora esisteva un modus operandi collaudato».
Nella nuova prospettiva degli accordi commerciali bilaterali, si dovrà fare attenzione a non annacquare la prospettiva etica. «Il Regno Unito dovrà rinegoziare i propri trattati commerciali Paese per Paese. Al di fuori della cornice comunitaria, come potremo essere sicuri che i nuovi accordi siano benefici per i paesi terzi, in via di sviluppo?».
La questione più spinosa resta quella dei finanziamenti, che per una grande organizzazione come Cafod ammontano al 5% del fatturato.