giovedì 29 settembre 2016

IL POTERE DEL PARLAMENTO EUROPEO SUGLI ACCORDI BREXIT

Guy Verhofstadt EP press conference 3.jpgIn un'intervista al Financial Time, Guy Verhofstadt, l'europarlamentare nominato a capo dei negoziati per la Brexit, si dichiara pronto ad opporre il veto.

Il Sole 24 Ore ha pubblicato i contenuti di un'intervista rilasciata da Guy Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio e capogruppo di Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa al Parlamento Europeo, al quotidiano inglese Financial Times.

Nel corso dell'intervista, Verhofstadt, nominato capo negoziatore all'interno del Parlamento Europeo per la Brexit, si è dichiarato pronto ad esercitare tutto il suo potere di europarlamentare nell'ambito dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea.
Ha lanciato anche un avvertimento: il Parlamento Europeo, ha affermato, ha molto più potere sugli accordi Brexit di quanto ne abbiano i singoli stati membri, ed è pronto ad opporre il suo veto, se necessario; inoltre, ha il diritto di prendere parte alle trattative fin dai primi momenti.

Spetta al Parlamento Europeo, ha sostenuto Guy Verhofstadt, approvare i termini e le condizioni della Brexit, e questo significa che la Gran Bretagna non potrà fare a meno di trovare un accordo con il capo dei negoziati e con gli altri leader parlamentari.

La nomina dell'ex premier Belga a capo negoziatore per il Parlamento Europeo pare si stata colta dai britannici con una certa preoccupazione, anche perché l'europarlamentare non ha potuto fare a meno di rilasciare alcune opinioni personali sui sostenitori del Leave, che considera come i topi che fuggono dalla nave che affonda, e sulla campagna stessa a favore del Leave, che ritiene sia stata piena di menzogne. Inoltre, ha anche dichiarato che, se davvero il Regno Unito deciderà di porre dei limiti all'immigrazione dai paesi dell'Unione, sarebbe cosa folle concedergli i vantaggi del mercato unico.

Nonostante tutto, però, Verhofstadt ha negato qualsiasi forma di ostilità nei confronti dell'UK, ma si è detto intenzionato a condurre le trattative in modo tale che ciascuna parte si senta a proprio agio.

Immagine: Wikipedia



mercoledì 28 settembre 2016

UK CONTRARIO ALL'IPOTESI DI UN ESERCITO EUROPEO, ANCHE CON LA BREXIT

Le dichiarazioni del Ministro della Difesa Britannico all'incontro con i colleghi degli altri paesi dell'UE


All'incontro tra i leader dell'Unione europea che si è tenuto a Bratislava il 16 settembre scorso, per discutere del futuro dell'UE dopo la Brexit, il Regno Unito non ha partecipato.

Military, Soldiers, Saluting, CamouflageIl Ministro della Difesa britannico, Michael Fallon, ha però preso parte alla riunione con gli altri Ministri della Difesa dei paesi dell'UE. Tema centrale, il rafforzamento della collaborazione tra i paesi nel campo della difesa e dell'antiterrorismo. Secondo quanto si legge su AGI.it, Fallon ha dichiarato: "Siamo d'accordo sul fatto che l'Europa deve fare di più per affrontare le sfide del terrorismo e dell'immigrazione, ma noi continueremo ad opporci a qualsiasi idea di esercito europeo o di un quartier generale per un esercito europeo, che minerebbe semplicemente l'autorità della Nato".

 Quindi, anche dopo l'uscita dall'Unione europea, il Regno Unito rimarrà contrario a "ogni idea di un esercito europeo" perché la Nato deve restare "la pietra angolare della difesa dell'Europa".

Quanto alla possibilità, per l'UK, di opporre un veto all'istituzione di un esercito europeo prima di Brexit, Fallon ha dichiarato che non vi sarebbe in realtà alcuna maggioranza in favore di un esercito europeo, ma piuttosto un certo numero di paesi convinto che questa ipotesi rappresenti una "limitazione alla sovranità degli Stati nazionali".

Michael Fallon ha infine rassicurato i colleghi sul fatto che il Regno unito continuerà a garantire il proprio contributo alla difesa europea come membro della Nato.
Foto: Pixabay

mercoledì 21 settembre 2016

LA MAY NEGLI USA RASSICURA WALL STREET: NIENTE VETI SU BREXIT DALL'EUROPA DELL'EST

La Premier a New York esprime sicurezza sull'esito delle trattative  Brexit con tutti i paesi UE

Come riporta ANSA, Theresa May, Primo Ministro britannico, durante un viaggio negli Stati Uniti, ha rassicurato Wall Street sul fatto che gli accordi sulla Brexit troveranno concordi tutti gli altri 27 paesi dell'Unione Europea, e che nessuno di questi porrà un veto. "Un buon accordo per il Regno Unito è un buon accordo per gli altri Stati membri" ha dichiarato la Premier.

Stock Exchange, Wall Street, BusinessL'accenno al veto è chiaramente un riferimento alla dichiarazione del Primo Ministro Slovacco Robert Fico, che pochi giorni fa in un'intervista a Reuters ha dichiarato: "Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia sono pronte a porre un veto a un eventuale accordo Brexit che dovesse limitare ai loro cittadini il diritto a lavorare in Gran Bretagna".

La May ha anche affermato di essere convinta che "relazioni commerciali positive" siano nell'interesse di tutti. Ha poi aggiunto che l'obiettivo dell'UK del dopo-Brexit è quello di diventare "Paese leader del libero scambio a livello globale".


martedì 20 settembre 2016

QUALI SARANNO LE CONSEGUENZE DELLA BREXIT PER GLI STUDI LEGALI ITALIANI IN UK?


Nonostante la consapevolezza che Brexit porterà notevoli cambiamenti nel settore, molti legali italiani in UK vedono in questi cambiamenti un'opportunità da cogliere

Sono molti gli studi legali italiani che hanno aperto una sede a Londra, o nel Regno Unito, negli ultimi anni. Spesso, al prezzo di grossi investimenti. Quale sarà il destino delle Law Firm italiane in UK alla luce dei risultati del referendum sulla Brexit? E come verranno gestiti gli effetti dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE?

Secondo quanto pubblicato dal quotidiano online Repubblica.it, gli avvocati italiani nel Regno Unito, pur essendo consapevoli di andare incontro a uno scenario mutevole, non manifestano grandi preoccupazioni per il futuro; anzi, per molti la Brexit rappresenta piuttosto un'opportunità.

Ad esempio, fin dai primi momenti successivi al risultato del referendum per l'uscita del Regno Unito dall'UE, sono aumentate le richieste di consulenza legale da parte delle imprese italiane presenti o operanti in UK.  Le aziende e i privati avranno costantemente bisogno di essere informati e aggiornati sui cambiamenti legali e fiscali che con Brexit saranno inevitabili. Il fatto stesso che alcune aziende italiane possano decidere, in seguito alla Brexit, di lasciare il Regno Unito comporterà un incremento delle consulenze per gli avvocati presenti nel territorio.

Va anche detto che gli studi legali si erano preparati per tempo al referendum, ed hanno analizzato nel corso dei mesi che mancavano alla consultazione le possibili conseguenze sia di un voto a favore che di un voto contro.

IL DESTINO DEI BREVETTI EUROPEI NEL DOPO BREXIT

In questi giorni è in corso il Congresso internazionale per la protezione della proprietà intellettuale. Brexit è uno degli argomenti più dibattuti.

Si concluderà oggi, dopo tre giorni di dibattito, il congresso internazionale di AIPPI, l'International Association for the Protection of Intellectual Property.

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I maggiori esperti di tutela della proprietà intellettuale si sono riuniti a Milano, per ratificare la nuova sede (una delle tre) della nuova Corte per i Brevetti UE, a partire dal 2017. La prossima sede potrebbe essere la stessa Milano.

Come si legge su Il Sole 24 Ore, per poter essere operativo al 100% nel 2017, la ratifica per il tribunale per i brevetti Ue dovrebbe essere sancita da almeno 13 Paesi membri, tra cui Francia, Germania e Gran Bretagna, che sono i paesi che depositano il maggior numero di brevetti, e che ospiteranno i tribunali principali della Corte. 

Il tema caldo della sessione, neanche a dirlo, è stato lo scenario del dopo-Brexit. Londra, pur non avendo ancora avviato l'iter (il che pare abbia irritato gli altri stati membri, che temono una "paralisi post-Brexit"), ha senza dubbio tutto l’interesse a confermare rapidamente il nuovo assetto. Se dovesse farlo, per tutto il tempo della sua prossima permanenza formale all'interno dell’Unione europea potrà tranquillamente dar corso alla Corte specializzata nei brevetti farmaceutici che le spetterebbe. 

Non si può nascondere, però, che a preoccupare sono i dubbi di quello che potrebbe accadere una volta che avvenisse l'uscita effettiva dell'UK dall'Unione. Dichiara Gordon Harris, partner di Gowling WLG, e decisamente contro l’uscita dall'Ue della Gran Bretagna, che dopo la Brexit effettiva, il diritto comunitario verrebbe a decadere in Regno Unito; Brexit porterebbe al caos, anche perchè ci sono ormai alcune aree del diritto che sono fortemente legate alla disciplina europea. Basti pensare, ad esempio, ai certificati di protezione supplementari, che sono interamente basati sulla disciplina Ue, mentre in UK non esiste una normativa nazionale specifica in merito. 

sabato 17 settembre 2016

JUNCKER DICHIARA: BREXIT È FRUTTO DI ANNI DI MENZOGNE AI CITTADINI UK

Il Presidente della Commissione Europea ha sostenuto, in un'intervista, che il risultato del referendum è la conseguenza di falsità e mezze verità sull'Europa

L'occasione è un'intervista registrata e trasmessa su Youtube, in cui Juncker ha risposto alle domande di tre giovani Youtubers e ad alcune domande inviate via Twitter.

Risultati immagini per junckerAlla domanda "Brexit è stato un sintomo, non la causa. Se la causa non viene trattata, le cose peggiorano. Allora, lei che cosa identifica come la causa di Brexit?" Juncker risponde che si tratta di una domanda semplice, ma con molteplici possibili risposte. Sostiene che Brexit è la dimostrazione di qualcosa che non andava in Europa, ma anche la dimostrazione di qualcosa che non andava in Gran Bretagna.

 "Se tu per 40 anni spieghi ai tuoi cittadini che l'Unione Europea è una cosa stupida, che non vale la pena, che bisogna uscire, non mi sorprende che, il giorno in cui domandi loro: volete rimanere o volete uscire? loro rispondo: vogliamo uscire."

Continua dicendo che sull'Unione sono state dette talmente tante bugie e mezze verità, che il voto a favore del leave non sorprende. "Certo, non do alla Brexit soltanto questa motivazione, ma certo c'è anche un messaggio per l'UE".

Queste dichiarazioni hanno suscitato irritazione in alcuni rappresentanti del Parlamento inglese.

È UNA DONNA L'EREDE DI FARAGE: DIANE JAMES DA OGGI ALLA GUIDA DELL'UKIP

La James ha vinto con più del doppio delle preferenze ottenute dagli altri candidati alla leadership del partito

Risultati immagini per diana jamesCome riportato da Il Sole 24 Ore, il Congresso del Partito per l'indipendenza del Regno Unito (UKIP), rimasto senza una guida ufficiale dai tempi delle dimissioni di Nigel Farage, ha appena nominato il nuovo leader: si tratta di una donna, la 56enne Diane James, che fin dalle prime dichiarazioni appare decisa a portare avanti con grinta la strategia e i valori del suo predecessore.

"Vogliamo una Brexit al 100%, un Regno Unito che sia sovrano e indipendente. Vogliamo la possibilità di decidere come e con chi fare accordi commerciali, e vogliamo regole che limitino l'ingresso agli immigrati, perchè solo chi ha le qualifiche possa entrare nel nostro paese".

Sempre secondo le sue dichiarazioni, il suo primo passo sarà quello di fare pressioni sul Primo Ministro, Theresa May, perchè avvii al più presto l'articolo 50, senza indugi e senza compromessi.




giovedì 15 settembre 2016

BREXIT, È SCONTRO FRA LA HOUSE OF LORDS E THERESA MAY

Presa di posizione della Camera dei Lord contro la dichiarazione della Premier di non voler coinvolgere il Parlamento nell'avvio del processo di uscita

Fin dai primi giorni successivi al referendum, una delle questioni più dibattute è stato il ruolo del Parlamento britannico in merito alla decisione di dare l'avvio all'articolo 50, innescando così ufficialmente il processo di uscita.

Come riportato dal il Sole 24 Ore, i pareri sono sempre stati contrastanti: da una parte, molti sono convinti che il Parlamento è sovrano, e non può quindi essere escluso da una decisione di tale importanza e rilevanza; dall'altra, ci sono coloro che invece sostengono che il Governo può agire indipendentemente invocando la "prerogativa reale", ovvero di esercitare il potere di governo per conto della Regina.
Proprio a quest'ultima prerogativa si è appellata Theresa May non molto tempo fa, quando ha dichiarato di essere intenzionata a procedere all'avio della Brexit senza richiedere il parere del Parlamento.

Al contrario, un rapporto della Commissione Costituzionale della House of Lords sostiene che, prima di invocare larticolo 50 e avviare le procedure di uscita dall'UE,  il Governo britannico è tenuto a richiedere e ottenere l’approvazione del Parlamento. Secondo i membri della House of Lord, procedere senza il parere parlamentare rappresenterebbe un «precedente preoccupante», oltre ad essere  «costituzionalmente dubbio».

La questione verrà anche discussa nelle aule di tribunale, perchè che uno degli studi legali più prestigiosi del Regno Unito  ha dato avvio a una causa all’Alta Corte, nella convinzione che, che se la May avviasse l’articolo 50 senza acquisire il parere preventivo del Parlamento, agirebbe oltre i suoi legittimi poteri. Il giudice dell'Alta Corte ha già dichiarato che il caso è «di grande importanza costituzionale» e potrebbe passare entro la fine dell'anno addirittura alla Corte Suprema.

mercoledì 14 settembre 2016

OXFAM SU BREXIT: IL DIVARIO TRA RICCHI E POVERI IN UK HA CONTRIBUITO ALLA VITTORIA DEL "LEAVE"

L'analisi dell'ente mette in luce una disparità tra ricchi e poveri tra le più profonde nei paesi avanzati

Risultati immagini per oxfam sede ukSecondo quanto si legge su Il Sole 24 Ore, un'analisi di Oxfam (la confederazione internazionale dedita a combattere la povertà per mezzo di aiuti umanitari e progetti di sviluppo) rileva che il risultato del referendum dello scorso giugno a favore della Brexit è stato, in parte, il risultato di un voto di protesta da parte dei ceti meno abbienti.

Il rapporto di Oxfam, che si basa su informazioni fornite da Credite Suisse, evidenzia che il 10% della popolazione del Regno Unito possiede il 54% della ricchezza totale del Paese, e l'1% più ricco ne controlla ben il 23%, quindi quasi un quarto del totale. Invece, il 20% dei ceti meno abbienti si divide soltanto l0,8% della ricchezza. Questi dati fanno del Regno unito uno dei paesi avanzati in cui il divario fra ricchezza e povertà è più profondo.

Da qui, l'appello di Oxfam al Primo Ministro inglese Theresa May perché introduca delle riforme riforme volte a ridurre il divario economico e sociale, che è andato aumentando negli ultimi dieci anni. Oxfam ha anche presentato un piano che consiste di quattro punti, e che prevede riforme fiscali per indurre le grandi imprese a pagare la giusta parte di tasse; limiti agli stipendi di dirigenti; un aumento dei finanziamenti per gli apprendistati e i corsi di formazione; una maggiore presenza di rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione.



COMMISSIONE EUROPEA: PRONTA LA SQUADRA CHE TRATTERÀ I NEGOZIATI BREXIT

La "Task Force" sarà operativa a partire dal primo ottobre prossimo

Secondo quanto riportato dall'ANSA, la Commissione Europea ha ormai pronto il gruppo di lavoro che dovrà occuparsi di predisporre e seguire le trattative con il Regno Unito per la sua uscita dall'Unione Europea, non appena verrà dato l'avvio all'articolo 50.

Alla guida della squadra il francese Michel Barnier, ex vice presidente della Commissione, affiancato dalla tedesca Sabine Weyand, attuale vicedirettore della Dg Trade.

Foto: 3DF mediaStudio



martedì 13 settembre 2016

LE SECONDE DIMISSIONI DI DAVID CAMERON

Già dimissionario dal ruolo di Premier, David Cameron dà l'addio definitivo alla politica: si dimette anche da deputato.

L'ex Primo Ministro dei Tory ha presentato le sue dimissioni dalla carica di deputato, «con effetto immediato». Anche se, non più di tre mesi fa, nel lasciare Downing Street in seguito all'esito del referendum Brexit Cameron aveva dichiarato di voler comunque rimanere tra i seggi del Parlamento fino all'anno 2020, ora ha cambiato idea.

Secondo il quotidiano Independent, l'ex Premier avrebbe in realtà più di una ragione per voltare le spalle a Westminster. Prima di tutto, la sua vertiginosa caduta politica proprio a causa del referendum sulla Brexit, dopo soli 13 mesi dalla vittoria di un'elezione generale, gli avrebbe reso molto difficile partecipare al dibattito sull'uscita dall'Unione Europea.
In secondo luogo, sarebbe stato quasi impossibile per lui avanzare qualunque osservazione anche su altri argomenti senza essere accusato dai media di "attaccare Theresa May".
Terzo, Theresa May si è definita contro di lui, per segnare la sua presa di distanza da alcune delle sue scelte politiche. Per Cameron, quindi, difendere il proprio programma politico avrebbe voluto dire essere accusato di slealtà nei confronti dell'attuale Premier.

L'ex deputato sta scrivendo le sue memorie, quindi nel giro di un anno sarà forse possibile conoscere meglio la sua versione dei fatti sulle vicende che lo hanno coinvolto ultimamente.

Foto: 3DFMediaStudio


lunedì 12 settembre 2016

LE PRESSIONI DI BORIS JOHNSON PER VELOCIZZARE L'USCITA DELL'UK DALL'UE

Il Ministro degli Esteri inglese insiste con il Premier May perchè attivi al più presto il processo Brexit 

Westminster, Londra, InghilterraSecondo quanto riferisce l'ANSA, il ministro inglese Boris Johnson sta esercitando nuove pressioni sul Primo Ministro Teresa May affinchè il processo di uscita dall'Unione Europea venga attivato al più presto e senza ulteriori indugi.
Johnson, che, dopo le dimissioni di Nigel Farage, è diventato uno leader riconosciuti del movimento degli euroscettici, ha manifestato così il suo sostegno alla campagna Change Britain, che si propone appunto di sensibilizzare il governo sulla necessità di velocizzare i tempi della Brexit per rispettare il volere dei cittadini che hanno votato a favore dell'uscita dall'UE.
La stampa britannica fa notare che questa presa di posizione è inevitabilmente destinata a creare nuovi scontri all'interno del Governo, già provato dai contrasti sui temi della permanenza nel mercato unico e dell'immigrazione.
Foto: Pixabay


BREXIT, PER I BRITANNICI SARÀ PIÙ COMPLICATO VIAGGIARE ALL'ESTERO?

A Bruxelles viene proposta l'introduzione di permessi turistici per gli inglesi che vorranno visitare i paesi europei, dopo Brexit

Foto: Londra - London EyeSecondo quanto riferito d The Guardian, e riportato dal quotidiano online repubblica.it, per i cittadini britannici che, dopo l'uscita dall'UE, vorranno recarsi nei paesi dell'Unione Europea potrebbero essere in arrivo maggiori complicazioni. Pare infatti che a Bruxelles sia stata discussa l'ipotesi di introdurre un sistema di permessi, che costringerà i cittadini UK a compilare un formulario e a pagare una tassa per poter entrare nei paesi dell'Unione Europea.

Si tratterebbe, in pratica, di modalità simili a quelle attualmente richieste dagli Stati Uniti ai cittadini europei che si recano negli Usa per turismo.
Tale decisione sarebbe motivata non tanto dalla scelta del Regno Unito di lasciare l'Unione Europea, ma piuttosto da una più generale necessità di aumentare i controlli di sicurezza per far fronte alla minaccia del terrorismo.
 La Commissione Europea, infatti, prevede di introdurre entro la fine di quest'anno una nuova legislazione, denominata Etias, in base alla quale tutti coloro che entrano in un paese dell'Unione Europea a scopo turistico, quindi senza avere bisogno di un visto, saranno tenuti a compilare un modulo online e a pagare una tassa d'ingresso. Un modello simile a quello adottato dagli Stati Uniti dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre 2001.

Nel 2015, sono stati circa 30 milioni i turisti britannici che hanno trascorso le loro vacanze in paesi dell'Unione Europea, Spagna e Francia in testa. Non è escluso, ovviamente, che il Regno Unito potrebbe a sua volta decidere i introdurre un analogo sistema per i turisti provenienti dall'Europa che volessero entrare in territorio Britannico.
Foto: 3DF MediaStudio

domenica 11 settembre 2016

BREXIT E LIMITI A IMMIGRAZIONE: RISCHIO COLLASSO PER IL SISTEMA SANITARIO BRITANNICO

I responsabili dell'NHS si interrogano sulle possibili conseguenze di un blocco dell'immigrazione post-Brexit, e temono di perdere risorse umane preziose.

Foto: Continua il dibattito su uno dei temi cruciali della Brexit, ovvero il possibile blocco alla libera circolazione delle persone tra i paesi. Questa volta sono i vertici dell'NHS, il Sistema Sanitario Nazionale britannico, a interrogarsi su questo punto, visto che attualmente i cittadini europei impiegati nell'NHS sono circa 57mila. Che cosa succederebbe se si impedisse, o anche solo si limitasse, l'accesso di nuovi possibili lavoratori provenienti dai paesi dell'Unione Europea?

Da qui, come riferisce il quotidiano online Repubblica.it, la proposta choc da parte dell'IPPR, l'Istituto per la ricerca sulle politiche pubbliche: offrire la nazionalità britannica a tutti i 57 mila lavoratori europei del NHS. Il rischio, altrimenti, è che l'intero sistema sanitario, che da tempo è in serie difficoltà, vada al collasso. 

Ricordiamo che la normale procedura per ottenere la cittadinanza britannica prevede un minimo di cinque anni di permanenza sul suolo UK, e costa oltretutto al richiedente circa 1200 sterline. Più prudente è la proposta suggerita dal Comitato di consulenza sull'immigrazione: introdurre un sistema di permessi stagionali per i lavoratori poco qualificati provenienti dai paesi dell'Unione Europea. Un po' quello che succedeva in passato peri lavoratori agricoli. 
Foto: 3DFMediaStudio

sabato 10 settembre 2016

POST BREXIT, MILANO SI CANDIDA COME FUTURA SEDE EMA

Dopo un vertice a Palazzo Lombardia, si diffonde la notizia della candidatura ufficiale di Milano a sede dell'European Medicines Agency

Risultati immagini per european medicines agencyAl termine di una riunione sul post-Brexit  alla quale hanno preso parte Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, Giuseppe Sala, Sindaco di Milano, Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole,  Gianluca Vago, Rettore dell'Università degli studi di Milano, e Diana Bracco, imprenditrice, è stata resa nota la candidatura ufficiale della capitale lombarda a sede dell'EMA, l'Agenzia Europea per il Farmaco. L'Agenzia ha attualmente la sua sede ufficiale a Londra.

Vertice a Palazzo Lombardia con Sala, Maroni e Martina. Ora vi sarà la predisposizione di un dossier sulla candidatura e poi la trattativa vera e propria per portare l’Ema in Italia spetterà al Governo.

Dopo l'incontro, Roberto Maroni ha dichiarato alla stampa che la trattativa verrà affidata al Governo, "previa predisposizione di un dossier sulla candidatura". Il ministro Martina ha aggiunto che "il Governo c'è" e che ci sono "tutte le condizioni perché si recepisca fino in fondo la proposta che questa città può fare".

Soddisfazione anche da parte dei rappresentanti del mondo universitario e di quello imprenditoriale. Il rettore Vago ha dichiarato che "insistere sull'Ema è più coerente con il contesto della città rispetto ad altre ipotesi ventilate", mentre Diana Bracco ha ricordato che il settore farmaceutico "rappresenta il 10% del Pil nazionale, è strategico e non può essere trascurato".
Foto: Circuito Lavoro